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Lo scrittore Gary Whitta ha le idee chiare sul futuro della fantascienza
Sceneggiatore di molti film, tra cui Rogue One: A Star Wars Story, ci parla di come i videogiochi potranno evolvere il genere fantascientifico
La fantascienza è senza alcun dubbio uno dei generi più amati dagli appassionati di cinema, serie tv, libri e anche videogiochi. Proprio questi ultimi hanno contribuito a dare nuova linfa vitale a questo tipo di storie, grazie a un approccio basato sull’interattività del medium in grado di proporre esperienze originali e innovative. A pensare questo dei videogiochi è anche Gary Whitta, famoso scrittore e sceneggiatore, che nella sua carriera ha scritto molte storie di stampo fantascientifico.
Tra i suoi lavori più famosi, lo ricordiamo come sceneggiatore di Rogue One: A Star Wars Story, oltre a The Book of Eli e After Earth. L’autore ha anche collaborato per la scrittura della serie animata Star Wars Rebels. Nel mondo dei videogiochi ha invece collaborato alla scrittura di The Walking Dead per Telltale Games e anche ad Halo 5, Gears of War e Prey. Sempre restando nel campo della fantascienza, Whitta ha scritto poi alcuni libri, tra cui l’ultimo, Gundog, uscito di recente.
Insomma, i videogiochi sono uno dei grandi amori dello scrittore, insieme alla fantascienza. Abbiamo quindi unito i due argomenti per realizzare un’intervista davvero interessante, in cui abbiamo parlato del futuro dei videogiochi, di intelligenze artificiali e, ovviamente, di fantascienza in tutte le sue forme.
Indice dei contenuti
La scrittura di un videogioco
La passione di Gary Whitta per i videogiochi c’è sempre stata, ma pochi sanno che la sua carriera nel mondo della scrittura è iniziata proprio come redattore di una vecchia rivista che raccoglieva articoli e recensioni del mondo videoludico a inizio anni ’90: “Ho iniziato a lavorare su una rivista chiamata ACE Magazine, poi sono passato a Pc Gamer, che ho anche contribuito a fondare, per poi diventare l’editor-in-chief della versione americana qualche anno dopo.”
Gary ci dice anche che la nostra domanda calza a pennello, perché proprio di recente ha scritto un articolo per festeggiare i trent’anni di Pc Gamer, articolo in cui ricordava alcuni momenti della sua carriera che lo hanno reso nostalgico. A distanza di tutti questi anni, però, lo scrittore ribadisce che è ancora un grande appassionato di videogiochi e che ha curato diversi podcast a tema, che continua a realizzare ancora oggi.
Avendo lavorato come sceneggiatore sia per dei film che per diversi videogiochi, è venuto spontaneo chiedergli quale sia la differenza principale nel creare storie per queste due diverse forme d’intrattenimento.
“È una domanda interessante, perché dipende molto dal tipo di videogioco che si sta creando e dal tipo di storia che si vuole raccontare. Ad esempio, The Last of Us ha una storia molto interessante, ma è strutturata più come un film, in cui si alternano momenti in cui si gioca e altri in cui dei filmati mandano avanti la trama. Si tratta comunque di una forma tradizionale e lineare di storytelling, con una sola storia e un solo finale.
Abbiamo poi videogiochi che raccontano una storia che coinvolge maggiormente il giocatore nella costruzione dello storytelling. Ad esempio, io ho lavorato alla prima stagione di The Walking Dead di Telltale Games, dove esistono delle scelte che possono cambiare del tutto le vicende e la storia è strutturata come un albero con tanti rami che è possibile seguire.
In entrambi i casi penso che creare il racconto sia impegnativo allo stesso modo, ma in modo diverso. Con una storia simile a quella di The Last of Us c’è bisogno di sviluppare i personaggi e gli eventi in modo che catturino l’attenzione del pubblico e lo invoglino a proseguire, un po’ come per un film o una serie tv. In una storia con all’interno l’elemento interattivo, anche per quanto riguarda la narrativa il processo di scrittura diventa molto più complicato, perché chi se ne occupa deve adattarsi alle scelte dei giocatori calcolando anche diversi finali, in modo da far sentire loro che quello che hanno vissuto è stato unico, proprio per via della possibilità di scegliere come mandare avanti la trama.
Quindi tutto dipende dal tipo di gioco, in definitiva. Titoli simili a The Last of Us saranno simili, nella scrittura, a un film o una serie tv, mentre per titoli come The Walking Dead cambierà quasi tutto, e personalmente ritengo che questi siano più complessi da strutturare proprio per via dell’elemento interattivo.”
Un esempio recente e incredibile della varietà di scelte presente in un videogioco è Baldur’s Gate 3, che permette di fare due partite potenzialmente differenti in tutto, a seconda di cosa si sceglie.
“Sì, avendo lavorato a titoli come the Walking Dead, so cosa c’è dietro. C’è una sorta di schema che mostra tutte le possibili variazioni della storia e diventa quasi un processo scientifico far combaciare tutto. Quando funziona, diventa fantastico per il giocatore arrivare alla fine dopo aver compiuto le proprie scelte, perché sente che quanto vissuto sia stata un’esperienza per lui unica. Dopo aver lavorato a questa tipologia di storie ho ancor più rispetto per chi crea giochi come Baldur’s Gate 3, perché so quanto lavoro c’è dietro e quanto è difficile dare tutta quella libertà ai giocatori.”
Un futuro interattivo
Spostiamo il tema della conversazione su fantascienza e videogiochi. Gary è un sostenitore del fatto che il videogioco sia in grado di tirar fuori il potenziale inespresso del genere fantascientifico, portandolo a creare esperienze uniche per i giocatori. Gli abbiamo dunque chiesto cosa potremmo aspettarci in futuro, secondo lui, nel mondo videoludico, specialmente nell’ambito della fantascienza.
“Penso che l’elemento interattivo sia destinato a migliorare sempre di più. È già impressionante in diversi titoli, come The Walking Dead, Citizen Sleeper, Disco Elysium e Baldur’s Gate 3. Ci sono davvero tanti giochi che riescono a dare al giocatore gli strumenti per costruire la propria storia in maniera eccellente.
Nonostante questi giochi ottimi a livello narrativo, penso che si stia ancora cercando di capire quale sia il metodo migliore per raccontare storie interattive. D’altronde nel videogioco questa tipologia di narrazione è relativamente nuova, se pensiamo che ad esempio nel cinema si raccontano storie da oltre cento anni. Nei videogiochi invece si è iniziato a sperimentare a livello narrativo da 20, forse 30 anni se vogliamo esagerare, ma si stanno ancora cercando i metodi migliori per sfruttare l’elemento dell’interattività. Man mano che la tecnologia migliorerà e permetterà di fare sempre più cose, anche i giocatori saranno sempre più coinvolti nelle storie, sentendosi davvero al centro del racconto.
Questa è alla fin fine la principale differenza tra film e videogiochi: io ad esempio posso tranquillamente guardare un film horror, ma a un videogioco horror non riesco a giocare, perché nel primo caso non sono direttamente ed emotivamente coinvolto in prima persona, mentre nel secondo sono io, tramite il personaggio che controllo, a essere inserito in una situazione di pericolo e questo rende i videogiochi horror molto più spaventosi dei film. Per questo, tornando a parlare di futuro, credo che con il passare del tempo, a livello artistico, creativo e tecnologico, il videogioco andrà a migliorare sempre più, ampliando di molto il potenziale delle sue storie.”
Un esempio recente e incredibile della varietà di scelte presente in un videogioco è Baldur’s Gate 3, che permette di fare due partite potenzialmente differenti in tutto, a seconda di cosa si sceglie.
“Sì, avendo lavorato a titoli come the Walking Dead, so cosa c’è dietro. C’è una sorta di schema che mostra tutte le possibili variazioni della storia e diventa quasi un processo scientifico far combaciare tutto. Quando funziona, diventa fantastico per il giocatore arrivare alla fine dopo aver compiuto le proprie scelte, perché sente che quanto vissuto sia stata un’esperienza per lui unica. Dopo aver lavorato a questa tipologia di storie ho ancor più rispetto per chi crea giochi come Baldur’s Gate 3, perché so quanto lavoro c’è dietro e quanto è difficile dare tutta quella libertà ai giocatori.”
Un futuro interattivo
Spostiamo il tema della conversazione su fantascienza e videogiochi. Gary è un sostenitore del fatto che il videogioco sia in grado di tirar fuori il potenziale inespresso del genere fantascientifico, portandolo a creare esperienze uniche per i giocatori. Gli abbiamo dunque chiesto cosa potremmo aspettarci in futuro, secondo lui, nel mondo videoludico, specialmente nell’ambito della fantascienza.
“Penso che l’elemento interattivo sia destinato a migliorare sempre di più. È già impressionante in diversi titoli, come The Walking Dead, Citizen Sleeper, Disco Elysium e Baldur’s Gate 3. Ci sono davvero tanti giochi che riescono a dare al giocatore gli strumenti per costruire la propria storia in maniera eccellente.
Nonostante questi giochi ottimi a livello narrativo, penso che si stia ancora cercando di capire quale sia il metodo migliore per raccontare storie interattive. D’altronde nel videogioco questa tipologia di narrazione è relativamente nuova, se pensiamo che ad esempio nel cinema si raccontano storie da oltre cento anni. Nei videogiochi invece si è iniziato a sperimentare a livello narrativo da 20, forse 30 anni se vogliamo esagerare, ma si stanno ancora cercando i metodi migliori per sfruttare l’elemento dell’interattività. Man mano che la tecnologia migliorerà e permetterà di fare sempre più cose, anche i giocatori saranno sempre più coinvolti nelle storie, sentendosi davvero al centro del racconto.
Questa è alla fin fine la principale differenza tra film e videogiochi: io ad esempio posso tranquillamente guardare un film horror, ma a un videogioco horror non riesco a giocare, perché nel primo caso non sono direttamente ed emotivamente coinvolto in prima persona, mentre nel secondo sono io, tramite il personaggio che controllo, a essere inserito in una situazione di pericolo e questo rende i videogiochi horror molto più spaventosi dei film. Per questo, tornando a parlare di futuro, credo che con il passare del tempo, a livello artistico, creativo e tecnologico, il videogioco andrà a migliorare sempre più, ampliando di molto il potenziale delle sue storie.”
In effetti oggi sono in aumento i giochi che puntano a rendere sempre più centrale l’elemento interattivo in una storia, soprattutto per poter dare un’esperienza di gioco unica a ogni giocatore. Una tendenza che probabilmente si accrescerà ulteriormente in futuro, come ci suggerisce anche lo sceneggiatore: “I videogiochi stanno diventando sempre più simili ai film, per quanto riguarda le loro ispirazioni a livello narrativo, ed è un peccato che molte persone non possano vivere certe grandi esperienze di storytelling semplicemente perché magari non amano giocare ai videogiochi o non si sentono in grado di giocare bene. C’è una tendenza, però, che vede molti sviluppatori propendere nel realizzare esperienze prevalentemente narrative, come ad esempio As Dusk Fall, che è praticamente una storia interattiva a cui qualunque giocatore, anche alle prime armi, può giocare senza preoccuparsi di saper sparare bene con un’arma o della sua salute.
Certo, alla fin fine sono molto semplici a livello di gameplay, e sono principalmente delle storie interattive, ma l’elemento ludico che permette di compiere delle scelte e di decidere come andrà avanti la storia garantisce a chiunque di sentirsi immerso completamente nell’esperienza narrativa e credo che in futuro questo tipo di titoli diventerà sempre più popolare.”
L’interattività è anche un elemento che tende sempre di più a unire i giocatori, tanto che nelle ore serali il videogioco sta iniziando a essere un valido sostituto dei media che hanno sempre dominato la fascia del prime time, come la televisione. In particolare è il multiplayer ad aver conquistato molti giocatori, che amano dedicarvisi con i propri amici o con la propria famiglia.
Gary concorda, rivelandoci che, proprio grazie all’elemento dell’interattività, i videogiochi gli hanno donato i ricordi più divertenti con i suoi figli, molto più di quanto possa offrire guardare insieme un film o uno show televisivo. Certo, le esperienze passive non verranno certo sostituite facilmente, ma è chiaro come il videogioco diventerà in futuro sempre più importante anche per legare con gli altri, essendo il multiplayer giocabile anche online.
L’intelligenza artificiale per raccontare storie nei videogiochi
Parlando di futuro, non si può non nominare le intelligenze artificiali, sempre più discusse in qualsiasi ambito tecnologico. Immaginiamo un futuro in cui i personaggi non giocanti possano essere gestiti dalle IA, che li faranno apparire più vivi rispetto a figure che ripetono sempre la solita linea di dialogo, come spesso succede ancora oggi. Andando ancora oltre con l’immaginazione, si può pensare a un intero videogioco in cui gli eventi possano essere modificati semplicemente interagendo con questi personaggi programmati da un’intelligenza artificiale. Abbiamo perciò chiesto a Gary Whitta come pensa che il fenomeno delle IA possa essere sfruttato per espandere ancor di più le possibilità narrative nei videogiochi.
“Sì, probabilmente potrebbe accadere in futuro, che ci piaccia o no. Ci sono molti aspetti davvero affascinanti legati alle intelligenze artificiali e allo stesso tempo ce ne sono altri spaventosi. Da scrittore, il mio sindacato ha da poco scioperato per sei mesi e tra i motivi c’era anche il problema dell’utilizzo delle IA, se utilizzate per rimpiazzarci. Non credo che qualcuno possa desiderare che le intelligenze artificiali sostituiscano gli scrittori, ma penso che nel mondo dei videogiochi ci possano essere delle applicazioni delle IA utili anche per gli sceneggiatori stessi.
Ad esempio, nei videogiochi c’è un volume enorme di dialoghi: tra personaggi che parlano in sottofondo e tante altre conversazioni secondarie, ci sono migliaia di linee di dialogo in più rispetto a uno show televisivo o a un film. Detto questo, penso che un computer non possa sostituire una persona nella scrittura semplicemente copiando dei comportamenti comuni; il ruolo dello scrittore serve proprio a rendere le storie più realistiche e uniche. Credo che si possa arrivare però a un punto d’incontro, in cui l’IA possa fare da assistente. D’altronde non penso che ci siano molti scrittori che amino scrivere i dialoghi di background di un videogioco, e in questo caso l’intelligenza artificiale potrebbe alleggerire il carico, dando così più spazio a questi stessi professionisti di dedicarsi alle parti più importanti e divertenti da scrivere.
Non vorrei però mai arrivare a un punto in cui fosse l’IA a scrivere le parti divertenti di una storia: se faccio lo scrittore non è certo per la fama o per i soldi, ma è perché amo scrivere e non desidero che un robot lo faccia per me.”
Una posizione più che condivisibile, visti anche i recenti scioperi che si sono avuti a Hollywood per i problemi legati a un uso sbagliato di questa nuova tecnologia. Come ribadito dallo stesso scrittore, il metodo migliore per utilizzare le intelligenze artificiali in un videogioco sarebbe quello di porle a supporto del team che si occupa della narrativa, così che questo possa dedicare più tempo alla parte creativa di una storia.
Il futuro di Star Wars, tra film e videogiochi
Per concludere la nostra intervista con Gary Whitta, data la sua esperienza con il franchise di Star Wars, abbiamo voluto azzardare l’ipotesi di un futuro molto prossimo in cui la nuova trilogia venga raccontata non più dai film, ma dai videogiochi, chiedendogli se secondo lui sarebbe possibile, visto il potenziale soprattutto in ambito fantascientifico che il videogioco ha ancora da esprimere. Star Wars sarebbe l’apice di questa evoluzione che lo trasformerebbe non più nel contorno come i tanti titoli spin-off usciti negli anni, ma nella portata principale.
“Al momento ti direi che non penso che i videogiochi possano prendere il posto dei film, in un breve futuro. Però c’è da dire che se dieci anni fa mi avessi chiesto se le serie televisive dedicate a Star Wars sarebbero diventate molto più rilevanti nella saga rispetto ai film, ti avrei detto che non era assolutamente possibile. Eppure abbiamo visto più serie tv di Star Wars negli ultimi quattro anni che film in quarant’anni di franchise e oggi si può dire che siano diventate molto prevalenti.
Penso che in futuro i film torneranno senza dubbio e le serie tv non li sostituiranno, ma per quanto riguarda i videogiochi sicuramente fino ad ora ci sono stati dei titoli incredibili, di cui ho degli splendidi ricordi, come X-Wing vs Tie Fighter o Knights of the Old Republic. Questi erano il modo migliore per vivere la saga al di fuori dei film, anche più di fumetti e libri, e sono riusciti a mantenerla viva anche nei lunghi periodi in cui non c’erano film nelle sale, ma non hanno mai ricevuto i dovuti riconoscimenti per questo.
Pian piano i videogiochi diventeranno sempre più rilevanti e credo che influiranno su Star Wars come anche su molti altri franchise importanti. Non credo che sostituiranno completamente film e serie tv, che rimarranno sempre uno dei modi principali di godersi la saga di Star Wars, ma penso che potranno arrivare a un livello d’importanza pari a questi due modi di raccontare storie.
Un esempio perfetto di quello che intendo è stato fatto con The Walking Dead, che secondo me, è composto da tre pilastri fondamentali per quanto riguarda la sua narrativa: abbiamo il fumetto originale, la serie tv e i videogiochi fatti da Telltale. Penso infatti che questi videogiochi abbiano la stessa importanza dello show e del fumetto nel raccontare l’universo della serie. Con Star Wars ci stiamo avvicinando a qualcosa di simile; ad esempio, se guardiamo a Star Wars Jedi: Survivor, i personaggi del gioco e di Rogue One sono splendidamente connessi tra loro, e credo che in futuro non ci si chiederà più tanto quale sia il media principale su cui portare avanti la storia, ma piuttosto quanto le varie incarnazioni riusciranno a essere connesse tra loro.”
Una prospettiva futura interessante, che non vediamo l’ora di scoprire se diventerà reale. Ringraziamo Gary Whitta per il tempo concessoci.
Fonte: Wired.it
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