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Commodore 64 vs ZX Spectrum, la sfida si rinnova

I due home computer negli anni Ottanta avevano creato due schieramenti: oggi, grazie a Internet Archive, all’emulazione e ad alcuni progetti hardware, la storia va avanti

Fratelli della preistoria digitale

Nati entrambi nel 1982, basati su una architettura di processore a 8 bit e con 64 Kilobyte di memoria di serie (per il Commodore) o 16-48 per lo Spectrum (a seconda delle versioni), visti con gli occhi di oggi sono due creature preistoriche, due computer del paleolitico. Eppure, per tutti gli anni Ottanta sono stato l’oggetto del desiderio e lo strumento più amato da due generazioni di ragazzini. E ancora oggi, grazie all’amore degli appassionati e a un certo mercato sia per l’usato che per nuove produzioni software e hardware dedicate, sono ancora vivi, anche se in una loro speciale nicchia.

Impossibile descrivere tutti i dettagli tecnici e le caratteristiche che rendevano questi home computer unici. Per questo ci pensa il libro, appena uscito, di Jurij Gianluca Ricotti, intitolato semplicemente Commodore 64 vs ZX Spectrum. Un atto di amore e anche un lavoro di memoria che rimette a posto a quel disordine creativo necessario alla nascita dell’informatica personale moderna. Il libro raccoglie, in 256 pagine (una citazione casuale?) praticamente tutto quello che si può voler sapere sulla storia, la nascita, la vita, i successi, il tramonto e poi la ripartenza neanche troppo museale di questi due incredibili computer. E racconta i meriti (e le colpe) dei due inventori e delle due aziende dietro a questi due computer.

Certo, a vederli con gli occhi di oggi, non hanno più cittadinanza di quanto non avrebbe un brontosauro in centro a Roma o a Milano, visto che finalmente si possono fare quelle cose che sarebbero semplicemente fantascientifiche agli occhi di qualsiasi adolescente degli anni Ottanta: inforcare un Oculus o (tra poco) un Vision Pro, giocare in multiplayer con giochi immersivi in streaming basati sulla magia del motore di Unreal, connettersi a Internet, dialogare con ChatGPT. O, più banalmente, avere in tasca uno smartphone.

Certo, con gli occhi di oggi Commodore 64 e ZX Spectrum erano inferiori sotto tutti i punti di vista. Però, anche se erano macchine con una piccola presenza, hanno avuto una enorme conseguenza.

Il Commodore 64

La Commodore era nata, proprio come Ibm, per riparare, poi importare e infine produrre macchine per ufficio. Solo che era stata creata da un emigrato polacco di genio sopravvissuto ad Auschwitz. Jack Tramiel, che aveva fatto di tutto compreso il tassista, mentre cercava di far partire la sua startup, chiamata Commodore come il grado della Marina “per sembrare più autorevole“. Prima di arrivare a creare il C64 aveva già lanciato vari prodotti, dal PET al Vic 20. Il “suo” Commodore 64 aveva moltissime innovazioni, a partire dal processore (il 6510/8500 della Mos Technology che “andava” all’incirca a 1 MHz) e dai vari chip ausiliari compreso il generatore di onde sonore (SID) e quello per la grafica (VIC-II), ma anche molte ingenuità. Tramiel, padre-padrone che si era circondato di collaboratori validissimi (su tutti, Chuck Paddle) aveva tra i primi capito l’importanza dell’integrazione verticale e come la Apple di oggi che produce i suoi processori, aveva internalizzato progetto e produzione di tutti i chip-chiave del C64.

Della coppia Bartali-Coppi dell’home computer, il C64 è stato quello di maggior successo. A oggi è il singolo modello di computer più venduto nella storia e a un certo punto l’azienda stava vendendo più computer di tutto il resto del settore combinato. Rimasto in produzione sino al 1994, è arrivato a costare meno di tutti, ad avere più periferiche, più giochi, più software: su Internet Archive, che contiene software e manuali anche in italiano si contano almeno quindici pacchetti software di videoscrittura diverse. È stato anche l’unico dei due ad avere un piede in casa e l’altro in ufficio, dove ha svolto un transitorio ruolo di primo “computer aziendale” per professionisti, piccole imprese o uffici locali di grandi aziende. Il tutto con una dotazione di memoria di 64 Kb, di cui liberi solo 32 circa, perché il resto occupato dall’interprete Basic (scritto dalla Microsoft, uno degli ultimi progetti software seguiti direttamente da Bill Gates).

Lo ZX Spectrum

Invece, sull’altro fronte, c’è l’opera struggente di un solitario genio, per parafrasare il titolo del libro di Dave Eggers. Il genio è quello di Clive Sinclair, singolare talento quasi ottocentesco di inventore britannico, imprenditore seriale, uomo da rivoluzione industriale, capace di alternare le idee più pazzesche a prodotti con i fiocchi. Questo nonostante alcune scelte scomode, di cui gli appassionati si fecero pregio. Come la tastiera a membrana con tasti non standard, il surriscaldamento di molti modelli, la scarissima memoria per la versione base (16Kb era troppo pochi anche all’epoca), in realtà lo Spectrum è stato il primo veramente espandibile e flessibile e con moltissimo software disponibileC’era il processore, lo Zilog Z80A, lo ZX Microdrive, un ingegnoso sistema di memoria magnetica esterna a cartucce, e poi unità floppy, stampanti ad aghi, schede Midi e per la sintesi vocale.

La biblioteca del software dello ZX Spectrum non ha niente da invidiare a quella del Commodore 64, anche se tra le due macchine quella che ha avuto una vita più lunga è stata la prima. Tuttavia, lo Spectrum, che ha avuto una base di utenti enorme soprattutto nel Regno Unito in particolare (la Germania ha amato di più il Commodore 64 e la Francia si è trincerata invece dietro i Thomson TO7 di Vantiva), dando vita a generazioni di programmatori one-man-band, capaci di fare tutto con pochissima memoria: grafica, animazione, motore del gioco, persino la promozione. I famosi “bedroom programmers” non nacquero però spontaneamente per caso: sia Sinclair che Tramiel si erano volutamente concentrati su hardware economico e manualistica tecnica per tutti, spingendo con un marketing intelligente non solo al consumo ma anche alla produzione di software da parte degli utenti. Da questo punto soprattutto lo ZX Spectrum, che fu il primo computer pensato veramente per la casa e a bassissimo costo, era una specie di “social media hardware”: viveva dei contenuti generati dagli utenti e da poche aziende terze, le prime software house.

Quel che resta della rivoluzione

Oggi della grande contrapposizione tra amanti del C64 e dello ZX Spectrum è rimasta solo la componente di nostalgia da reduci di un periodo storico lontano. Veterani ormai di mezza età che si ritrovano accomunati dalla stessa passione e che si sorridono quando scoprono che l’altro aveva il computer concorrente.

Entrambe le tribù all’epoca erano animate dalla scoperta di una cosa completamente nuova: il computer. Prima dell’informatica di rete, che ha definitivamente popolarizzato l’uso del PC con Internet a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, e poi prima della rivoluzione post-PC con gli smartphone a partire dalla fine degli anni Duemila, le ragazze e i ragazzi degli anni Ottanta sono rimasti incantati dalle prime macchine che potevano elaborare automaticamente le informazioni. Dalle prime macchine che potevano eseguire le loro istruzioni o stupirli con giochi e software creato da altre persone come loro.

Negli anni Ottanta nacque così un fiorente mercato di riviste e libri dedicati ai computer, con cassette per la distribuzione del software, con case editrici storiche anche in italia come il Gruppo Editoriale Jackson. Ma nacque anche un mercato parallelo con cassette pirata e fotocopie di libri e di listati di software.

Un mondo unico e irripetibile del quale si trovano per fortuna ancora tracce leggibili in rete e in pochi libri di appassionati dell’epoca, oltre a qualche progetto online come quello per la replica moderna del C64 (in versione micro e a grandezza naturale o addirittura con Android) e dello ZX Spectrum e agli emulatori software: Vice per C64 e quelli per ZX Spectrum. Si continua a scrivere software, giochi qualche utility e soprattutto demo, mentre l’esperienza “originale” dei primi computer a 8 bit ancora non si è persa. E se le ultime macchine funzionanti stanno lentamente rompendosi per usura dei componenti, c’è ancora chi li ripara. Insomma, la grande storia d’amore per i due compute che hanno cambiato la storia dell’informatica e la vita di milioni di persone non è ancora finita.

Fonte: Wired.it

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